martedì 3 novembre 2015

QUATTRO VERSI CERCATI SU GOOGLE


Le (sacrosante) celebrazioni per il quarantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini - e il conseguente fiorire di post, articoli, iniziative - mi hanno aiutato a produrre qualche considerazione sociologica. Certamente si tratta di goffi voli di pensiero, il massimo che possa produrre, ma, come diceva Francesco Guccini "intanto questo è mio".
E quindi, eccomi a sciorinare queste quattro idee. Per fortuna, Facebook non è il mondo. Ma di certo ne è una vetrina attendibile. 
E allora mi sono balzate agli occhi, evidenti anche più del solito, due categorie di snob:
- gli snob "fuori dal coro": se tutti celebrano una cosa, immediatamente mi pongo in posizione defilata e sarcastica, anche se, puta caso, la cosa, o la persona celebrata lo meritano davvero, come nel caso di Pasolini. 

"Non entrerei mai a far parte di un club che accettasse uno come me come socio"
Groucho Marx

(unica eccezione a questa categoria, il mio amico Heman Zed, che non è snob, è rompipalle, ed è molto diverso.)

-gli snob "io ne so di più di voi": se un elemento di cultura quale che sia diventa di diffusione popolare allora mi sento defraudato, e quindi alzo l'asticella. "D'accordo, tutti a celebrare Pasolini, ma quanti di voi conoscono Ch'oe Kyongch'ang, poeta coreano del sedicesimo secolo?"
Oh, quanti ne ho letti di post del genere. E mi fanno anche un po' sorridere, un po' tenerezza, perché lo scopo ultimo, quello di autopromuoversi di riflesso, è piuttosto evidente.
"E nel nome del progresso
il dibattito sia aperto
parleranno tutti quanti
dotti medici e sapienti..."
Mi scuso con le altre categorie di snob, ce ne sono moltissime e variegate, abbiamo uno snob per ogni stagione, ma stavolta non hanno avuto modo di dare il meglio di sé. Li aspettiamo, certi che si riveleranno e saranno pronti a darci grosse soddisfazioni. 
Dato sfogo alla vis polemica, provo a trarre una qualche conclusione edificante. 
Non sarà che gli intellettuali "laureati" e i bastiancontrari di professione mal sopportano che ci sia, in questa Italia dilaniata, qualcosa, anche piccolo, di condiviso?
Io credo che condividere qualcosa non significhi esattamente sprofondare nel pensiero unico, ma quanto meno provare a capire se c'è qualcosa che ci unisce, qualcosa da cui ripartire. E non dico neanche, seppure ne abbia la forte tentazione, che tra quei qualcosa ci debba per forza essere Pasolini.
Però il dubbio, forte, che in questa palude tutti si affannino a trovare un sasso o uno scoglietto sul quale salire per tirarsi in secco, mi punge come una zanzara (che trattandosi di palude, è anche pertinente)
E' come se ci fosse una sorta di inconscio copyright dei miti (non permettetevi di attribuirvi il mito mio, io solo lo conosco a dovere...)
E' come se ci fosse una disperata corsa ad affermare una propria identità separata, oltre, di certo migliore della massa.
E io stesso non ne sono immune.
E' un po' che noto questa libellistica da tastiera in cui da una parte c'è l'estensore, e dall'altra l'universo mondo, sempre appellato al plurale, sempre qualunquista, ignorante, buonista, indottrinato.
Lo so, lo so. qualcuno userà questi stessi argomenti per sostenere che anche queste considerazioni sono giudizio a priori su tutti gli altri. Ma non è così. Non sto parlando di tutti, ma di alcuni, e potrei (se volessi far polemica, ma non voglio) fare anche dei nomi.
Ma ciò detto, credo che ogni tanto ci si debba fermare, e farsi qualche domanda. E' utile, e aiuta a vivere meglio, io credo.
Posso capire, l'ego va nutrito. 
Ma è proprio necessario farlo generalizzando, scrivendo post nei quali ci si rivolge al plurale a tutti gli altri, stigmatizzando la diffusa ignoranza della quale ovviamente l'estensore del post non fa parte?
Propongo, a parziale risarcimento, prima di aprire la camicia e offrire il petto alle pallottole come Salvo D'Aquisto, le immortali parole del libro dell'Ecclesiaste, che sono sicuro che conoscano tutti, e che personalmente mi sono limitato a copincollare dopo una fruttuosa ricerca su Google:
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
per cui fatica sotto il sole?