LA FORMA E LA SOSTANZA
2 ottobre 2012.
Sala Sinopoli, Auditorium
parco della musica. Roma Fiction fest. Tutto esaurito in ogni ordine di posti: la fiction, pur con tutte le sue
incertezze e con qualche passo falso, tira ancora. E
continua ad impersonare la narrativa popolare di questo paese.
Evviva, evviva, evviva.
Stasera il programma prevede
il conferimento del Premio per la sceneggiatura “Carlo Bixio” istituito dopo la
morte di Carlo, un uomo per bene, un signore, un grande produttore e un amico. Non necessariamente in quest’ordine. Ciao, Carlo.
Sul Palco, Eleonora Andreatta, neo
direttore di Rai Fiction e Francesca Galliani capo dell’area Fiction di
Mediaset, oltre ad una nutrita giuria di qualità.
Vince il premio per la Migliore Sceneggiatura
originale, Vlad e lo scudo elfico (My first life) di Davide
Aicardi e Marco Renzi. Giovani, ironici, a loro agio, e con voglia di
fare. Evviva, evviva, evviva.
Ma anche buona fortuna, ragazzi.
Poi il direttore
artistico Steve della Casa consegna il premio assieme a Carlo Lizzani, e le mie
orecchie ascoltano con piacere che questo premio alla sceneggiatura, in
apertura di festival, sta a significare l’importanza che ha, nella grande
macchina dei sogni, del cinema e della fiction, chi immagina e scrive le
storie.
Evviva, evviva, evviva. Non che ci volessero 117 anni di cinema per ribadirlo, ma è comunque una notizia. Il pubblico applaude, e tra quel pubblico applaudo anch'io.
Che ci faccio qui? Sono intervenuto,
in qualità di co-sceneggiatore (uno di quelli che scrivono e immaginalo le
storie senza le quali la grande macchina dei sogni eccetera eccetera…) di “K2,
la montagna degli italiani” che ho scritto assieme ad Alessandro Pondi, Mauro
Graiani, Riccardo Irrera, prodotto dalla Red Film per la regia di Robert
Dornhelm. E sto aspettando con trepidazione di vedere questo lavoro, che
abbiamo iniziato a sognare due anni fa, assieme a Paola Masini di Rai Fiction,
e che finalmente incontra il pubblico.
Ma prima, due parole dal
palco, per presentarlo, dice il direttore Artistico, Steve della Casa.
Eccome, no? Giustissimo.
Mi aggiusto i pantaloni, tra poco saremo lassù, (non sul k2, più in basso…) insieme
a coloro che hanno dato viso alle nostre immaginazioni, gli attori (un cast
fantastico) a Robert, che alla nostra fabula ha dato corpo, a Mario Rossini e
alla Rai, che a questo lavoro di scrittura hanno dato la possibilità di
diventare un film. Non che speri, o speriamo io e i miei complici di scrittura,
di dire chissà che. Ma anche esserci, metterci la faccia, e non solo la penna… sentire
applauso del pubblico, prendersi un bravi… mica fa schifo.
E invece no. Perché di
tutto il cast, gli unici che l’ineffabile Steve della Casa non chiama sul palco
siamo proprio noi quattro: quelli che scrivono e immaginalo le storie senza le
quali la grande macchina dei sogni eccetera eccetera… senza i quali la macchina
del cinema non partirebbe.
Ma chi l’ha detto? Ma
come chi l’ha detto. Proprio lui. Cinque minuti fa. L’ho sentito. Quando ha
consegnato il premio Bixio… Evidentemente l’emozione dell’esordio gli ha
giocato un brutto scherzo. Non importa. Leggo il mio nome sui titoli di testa e
mi accarezzo l’ego. E mi dico, perché non sono solito pensar male, che si è
trattato di un contrattempo.
Flash forward.
4 ottobre 2012, due
giorni dopo.
Auditorium parco della
musica. Roma Fiction fest. Tutto esaurito in ogni ordine di posti: la fiction,
pur con tutte le sue incertezze e con qualche passo falso, tira ancora. E
continua ad impersonare la narrativa popolare di questo paese.
Evviva, evviva, evviva.
Forse l’avevo già detto,
ma vale la pena di ribadirlo.
Stasera il programma
prevede un nutrito back stage di “Trilussa, storia d’amore e di poesia”, un bel
film con Michele Placido, Monica Guerritore, Valentina Corti, per la regia di
Ludovico Gasparini prodotto con grande dispendio di mezzi e di amore da Guido
Lombardo per Titanus, e ancora una volta sotto l’egida di RaiFiction nella
persona di Paola Masini.
E io cosa ci faccio lì?
Sono qui, ancora una volta,
perché ho scritto la sceneggiatura assieme a Peter Exacoustos, e Alessandro
Pondi, compagno di tante battaglie.
Sono qui perchè sono uno
di quelli che scrivono e immaginalo le storie senza le quali la grande macchina
dei sogni eccetera eccetera…
Evviva evviva evviva.
Ma
anche buona fortuna.
Eh beh, non può succedere
la seconda volta. Ormai sono tre giorni che il festival è partito, vedo Steve
tonico, con la sua non chalance da vecchio lupo di cinema e di fiction.
Stavolta si darà a Cesare quel che è di Cesare, in questa bellissima fabbrica
di sogni che è il cinema, fabbrica di squadra, che nasce dalla storia e prende
carne attraverso il lavoro di molti sul volto degli attori. Ma questo, Steve lo
sa, non serve che glielo dica io.
Evviva.
E invece no. Per la
seconda volta, chiama sul palco tutti, non solo i primi ruoli, l’intero cast… e
i poveri scribacchini no.
Ma come, non eravamo
quelli che …?
E allora Cesare si prende
quel che è di Cesare.
Non ci sto. Mi alzo, e
anche non chiamato, mi avvio al palco. Alessandro, che in questi casi è
impavido come un viet cong in giro promozionale, mi segue. Io invece mi sento
un po’ Fantozzi, tutto preso da questa piccolissima ripicca che probabilmente
nessuno nota, ma raggiungo il cast e per fortuna Paola Masini sta parlando in
quel momento, e al volo presenta me e Alessandro alla platea. Grazie per le sue
parole, e per gli ammicchii complici di Guido Lombardo, di Ludovico Gasparini,
di Michele Placido. L’unico che ci guarda come se pensasse “Chi cavolo sono
questi?” è Steve Della Casa. Per fortuna Paola Masini lo toglie dall’imbarazzo
e ci colloca: siamo gli autori della
storia. Clap clap clap. Qualche applauso, ma l’abbiamo fatto solo per quello?
No.
L’abbiamo fatto perché pensiero
ed azione non possono essere due binari separati, Steve.
Non basta dire che la
sceneggiatura è la base di un film, incensarla, conferire premi, e poi ignorarla.
Perché se questa nobile arte è costretta ad entrare sempre dalla porta di
servizio, di straforo, allora la forma e la sostanza si perdono. E la forma e
la sostanza non sono due cose diverse. Sono la stessa cosa. Altrimenti ti rimangono
solo i lustrini e le pailettes del red carpet. Che servono, ma che non sono il
sogno.
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