Voglio dire
due cose sul concerto del Banco del Mutuo Soccordo ad Eutropia, a cui ho
assistito ieri sera. La prima è che è stato il primo passo di un nuovo
capitolo, e io sono contento di esserci stato, e di esserci. Ci attende
Orlando, ci attende la sfida di un’opera rock in un mondo che cerca musiche da
telefonino.
Ci attende una sfida, che, al solo pensarci, mi fa tremare. Ma è bello, ed è giusto, ed è inevitabile esserci, per me.
Ma più di tutto attendeva Vittorio, cuore intrepido da capitano
coraggioso, l’insidia di tornare sul palco senza Francesco, e
contemporaneamente con, Francesco.
Senza la
presenza scenica di Big, senza la sua ironia, senza la sua voce. Senza la sua
capacità di affabulare e il suo canto incantatore.
Beh, il rischio era duplice.
Da una parte quello di infilarsi in una spirale eterna di necrologi. Capitemi bene, Francesco è e resta Francesco,
cioè prima di tutto un amico dal grande cuore e un artista visionario e
contemporaneamente coi piedi ben piantati per terra, ma la musica – quanto è vero – ha bisogno di
vivere sul palco, in mezzo alla gente, mentre altri saltano, e cantano e
battono le mani assieme al cantante che sta lassù.
Dall’altra,
il rischio era quello di cercare di replicare Francesco, di cercare i suoi
cloni o i suoi tribute singers: tentativo del pazzo o dello sciocco, e Vittorio
non è né uno né l’altro.
Mi direte, o
meglio qualcuno ha detto che forse per Vittorio la soluzione era dichiarare chiusa l’esperienza
del Banco e proseguire da solista: perché? Il Banco che abbiamo visto ieri sera
sul palco è davvero un’idea che non puoi fermare, è davvero una storia, un
grande fiume in cui tante esperienze scorrono come barchette lungo le rapide
della corrente. E di quella corrente rivendico di far parte, e voglio che
prosegua, impetuosa a volte, travolgente sempre.
Sfida vinta,
Vittorio.
Te l’ho detto ieri sera dietro il palco, quando sei sceso emozionato
come un debuttante ed hai cercato subito delle parole di conferma. Sfida vinta perché
ho assistito ad un concerto di un’energia rara nella palude di nulla che
purtroppo è molto spesso la musica italiana. Sfida vinta perché John de Leo, Giacomo Voli e Margary Signorino – al netto di
alcune sporcature che si smacchiano con un po’ di lavoro assieme e qualche data
di tournee per rodarsi - hanno dato nuove sfumature ai Brani.
Sia chiaro,
lo ribadisco: Francesco era unico, insostituibile. Il magone non me lo sono
risparmiato, quando su Metamorfosi invece che incontrare la sua voce ho sentito
il canto della chitarra di Filippo Marcheggiani. Non me lo sono risparmiato di
fronte alla versione strumentale (e come altro poteva essere e come altro potrà
essere in futuro?) di 750.000 anni fa… l’amore?, non sto dicendo che non sia
così.
Leggo e sento amici, appassionati del Banco, fan, semplicemente amanti della musica, dire che Dopo... (dopo quel brutto giorno di Febbraio di un anno fa...) ...niente è più lo stesso.
E sarei sciocco, se dicessi che non è vero.
Sarei sciocco, se fingessi che la mancanza di Francesco non si senta, eccome. Ma questo è accaduto, e ci siamo trovati a Zagarolo con un bicchiere in mano a guardarci in faccia e a pensare che non era possibile.
E invece era così.
E non dico, lo ripeto, che le cose siano uguali a prima.
Dico semplicemente, e lo voglio dire con passione, con entusiasmo, con il sudore nella maglietta col salvadanaio stampato sopra che indossavo ieri sera ad Eutropia, che ho
percepito, forte, il senso di una storia che prosegue, e che ha voglia di
andare avanti, e che – pur con tanto lavoro da fare per amalgamare i nuovi
membri - attinge ancora ad una grotta sotterranea di energia, che viene da laggiù, da quegli anni là.
Da quel cuore, e da quelle note.
E poi,
signori, permettetemi di dirlo: come suonano.
Ed ecco la seconda cosa che volevo dire:
Grazie, per un altro, ennesimo concerto stupendo. Come da 40 anni, ormai.
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