mercoledì 28 maggio 2014

QUALCHE CERTEZZA SUL PREMIO PIGRO DEDICATO AD IVAN GRAZIANI


Ogni anno torno dal Pigro con qualche certezza. La prima, scusatemi la botta di presunzione, è di essere stato amico di un grandissimo musicista, di un grande cantautore e di una persona speciale.  E a questa certezza si aggiunge, ovviamente, il rammarico di quanto presto si sia interrotto tutto questo. Perchè Ivan, con la sua ironia scanzonata, con le sue fughe in avanti a cui seguiva quasi immediatamente quel distogliere d'occhi tipico di un timido che diventa aggressivo, era esattamente questo: una persona speciale.


Che non vuol dire dotata di particolari doni morali o intellettuali, o di una parure di verità rivelate. Vuol dire, a mio modo di vedere, una persona ricca, piena di capacità di empatia e di comprensione – e come altro potrebbe essere, viste le canzoni che scriveva – una persona che sapeva dimostrare affetto e soprattutto capace di stupirsi dell’affetto che riceveva. Perché mai ho avuto l’impressione che lo ritenesse dovuto, per il solo fatto di avere scritto cose stupende ed avercele regalate.

Lo stupore, mi pare, la sua capacità di guardare il mondo con gli occhi di un ragazzino, di ridacchiare per lo zio prete che scivola sulla buccia di banana, di incantarsi di fronte alla nebbia che sale – ad Urbino, nella fattispecie – mi pare una delle doti più belle di Ivan, insieme alla sua voglia di raccontarsi e raccontare storie e favole, di preti demoniaci, fuochi sulla collina che altro non sono che fari puntati sul campo (illuso, romantico e fesso), la stessa voglia che hanno gli adolescenti di sedersi attorno al fuoco e ascoltare o affabulare, stupire, sedurre e conquistare.



Ma insieme, quello stupore, quella capacità di farsi colpire dalla bellezza, di cogliere nelle durezze del quotidiano il segno di un senso – quale Ivan non sapeva, e spesso neanch'io, ma lo vedeva, e anch'io lo vedo – questa capacità di intuire che il bello non può essere per caso, ecco, questo sì, lo fa speciale.
La seconda certezza con cui torno indietro ogni volta dal Pigro Cantautori in Vigna è che Ivan Graziani ha avuto dalla fama e dal pubblico molto meno di quello che avrebbe meritato.



Sia perchè, in quello scorcio di anni settanta in cui la musica italiana - quella di cui val la pena di parlare - era divisa tra progressive e cantautorato, spesso troppo ermetico ed introspettivo (lo dico avendo amato quelle canzoni ed amandole ancora di amore imperituro), Ivan aveva aggiunto due ingredienti miracolosi che pochi altri, fino ad allora, avevano frequentato nella canzone d'autore: l'ironia e il rock. Per l’ironia, forse, anzi di certo, c’era anche Rino Gaetano. Ma per il rock, per lo meno nella canzone d’autore, c’era solo lui.
E Ivan, lasciatemelo dire, era un chitarrista della Madonna (che credo non se la prenda, se la uso come termine per definire l’assoluto): ricordo di avere, immeritatamente e temerariamente, suonato l’acustica insieme a lui in una ripresa che facemmo per Unomattina di Lugano addio. Sia chiaro, non si trattava di una esecuzione professionale, ma di un backstage simulato della serie ilgrandecantautoresuonacongliamiciil suopiùgrandesuccesso. Non che servisse il mio contributo, era un pegno di amicizia, a suonare ero una capra, ma a lui piaceva soprattutto perché la mia incapacità manifesta gli permetteva battutine ironiche e affettuose.
Ma sto divagando.
Torno dal Pigro certo che la capacità di Ivan di raccontare storie, piccoli film di vita di provincia e di coniugarli sulle pentatoniche e sulle seste del rock sia unica in Italia, e che abbia avuto meno visibilità di quanta meritasse. Verrà tempo per impegnarsi su questo, lo faremo. Lo dobbiamo fare.
Questa certezza è evidente soprattutto quando, nel corso delle esecuzioni delle cover fatte dai giovani finalisti del premio saltano fuori, improvvisi e luccicanti, dei cristalli di rock. Dei vincitori parlerò dopo, ma voglio dire che l’esecuzione di “Fame” un gioiello meno conosciuto di Ivan fatta dai Malamadre mi ha fatto venire I brividi.



I giovani, appunto. E questa è la terza certezza con cui torno indietro ogni anno dal Pigro. Ci sono in Italia moltissimi talenti musicali, giovani appassionati di musica e di polvere di palcoscenico e non carne da reality, e quei giovani hanno bisogno che sia dato loro spazio, visibilità, e soprattutto, consigli.
In questi anni ho visto vittorie a mani basse, per manifesta superiorità, come è stato nel caso di Angelica Lubian nel 2012, ma principalmente ho assistito a finali in cui il livello medio era buono, i musicisti tutti più o meno preparati, ma in pochi riuscivano ad avere il guizzo.

Capisco che siamo in un periodo in cui nessuno rischia, primi tra tutti I discografici che purtroppo non vendono dischi e quindi – e posso anche capirli – vanno sul sicuro. Ma capisco anche che senza un minimo di azzardo la musica muore.
Per converso, mi è parso che anche il concetto di azzardo dovrebbe essere messo a fuoco e discusso coi giovani. Perché gli azzardi che hanno cambiato la storia avevano sempre dietro una cultura e un pensiero. E invece, a volte, mi è parso che l’azzardo soprattutto nelle cover nascesse un po’ da un atteggiamento ‘o famo strano, che a mio parere difficilmente porta da qualche parte.
Mi fermo un attimo prima – spero - di diventare noioso e paternalista. Quest'anno il premio Pigro l'ha vinto Chiara Vidonis con Comprendi l'odio, e Adriano Tarullo e la sua Sband hanno conquistato il premio IvanCover con la loro versione di "Il prete di Anghiari" Auguri a loro, perchè se la buona musica prende la via del mondo, è sempre un'ottima notizia.

Voglio dire che però è bello ritrovarsi ogni anno insieme ad Annina Graziani, Filippo Graziani, Tommaso Graziani, a bere vino e parlare di rock. E a suonarlo e a sentirlo.


Ed è bello anche perchè lo si fa insieme a tanti amici di musica e di pensieri, che da un anno all’altro cambiano, ma poi alla fine fanno parte della stessa tribù. Duccio Pasqua ed Andrea Scanzi, i direttori artistici, e I membri della giuria: Fausto Pellegrini (Rai News 24), Elisabetta Grande (Radio1 Rai), Roberta Balzotti (GR1 Rai), Diletta Parlangeli (Il Fatto Quotidiano, Wired Italia), Mario Masi (Itali@Magazine), Gabriele Antonucci (Il Tempo), Fabio e Cristiano Furnari (Terre Sommerse), e negli anni Piji Siciliani, Nicola Sisto, Enrico de Regibus...

Detta così, sembra una cosa paludata ed istituzionale, ma per fortuna il premio si tiene in una vigna, quella delle cantine Zaccagnini, e la stanza in cui si riuniamo è piena di botti.
E quelle botti, sono piene di musica.

Che garantisce l’ultima certezza che mi porto via tornando dal Pigro. Che ci sarò ancora, l’anno prossimo.

Perchè ci sono cose che danno gusto alla vita.

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