Quando dal
pianoforte escono le note di “Era de Maggio”, riletta in un improbabile, ma
trascinante tempo dispari, quasi un charleston sghembo, improvvisamente mi trovo a Posillipo, in un
Cafè Chantant. E’ l’alba del Novecento, e tutto sembra possibile.
Il gioco di
prestigio, ad Alberto Pizzo, funambolo napoletano del pianoforte, in bilico tra
Napoli, New York e Tokio, è già riuscito almeno tre quattro volte nel corso di questa serata di presentazione del suo nuovo
lavoro, On the Way. Ci ha caricati
senza difficoltà sul suo tappeto volante fatto di tasti neri e bianchi e ci ha portati a Parigi, a New Orleans, a Londra, ed in giro per la Mitteleuropa.
Perché c’è
tutto questo nella sua musica: gli echi di stanzoni di conservatorio in cui
risuonano i Notturni e il Clavicembalo ben temperato, il fumo dei jazz club del
Village che lo hanno ospitato nell’ultimo anno, e la voglia di giocare che
arriva dal Brasile. E da Napoli, la sua Napoli.
Mi direte
che è fin troppa roba, per farci un disco di successo popolare, e forse è vero.
O meglio lo sarebbe, se tutti questi semi, nitidi lampi di musica e musiche che
arrivano da ogni dove, non si fossero finalmente fusi in un progetto artistico
personale, convincente, ed emozionante.
Conosco
Alberto da qualche anno, e sono contendo di dire che sono suo amico, perché mi piace
la sua purezza. Posso dire che le sue doti si
vedevano subito, erano evidenti
fin dai primi passi nel mondo dello show Business, dove lo hanno introdotto il
fiuto di Renato Marengo e la spericolata voglia di buona musica di Franco Bixio.
Posso dire, da fan e da amico, che il musicista che ascoltiamo oggi, nella
presentazione del suo nuovo CD, On the Way, è il risultato completo di quei
presupposti, di quelle potenzialità che nella lunga frequentazione di quest’anno
passato con New York e col Jazz americano sono finalmente esplose a creare un
artista completo.
Non so se si
è capito, il disco mi pare bellissimo, a prescindere dalle molte collaborazioni
illustri che può vantare: Toquino, David Knofler, Mino Cinelu...
Il concerto di
presentazione, in forma di recital per piano solo,infatti, ha dato immagini, brividi, applausi di
ammirazione.
Che dire: è
nato un grande pianista? No, perché Alberto un grande pianista lo era già.
Però, questo
sì, è finalmente sbocciato.
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